Uomo. Sì, parlo proprio a te. Perché so che mi capisci.
Parlo da uomo a uomo. Forse da papà a papà. (e tu donna che leggi, non ridere troppo).
Ti voglio dire una cosa.
Una volta mi sono trovato a raccontare a una donna come fosse andata la nascita di mio figlio quando a un certo punto – così, senza pensarci – ho detto: “abbiamo avuto una buona gravidanza”. Sguardo gelido. “Abbiamo?!” Con quegli occhi sembrava dirmi: “scusa, abbiamo…chi?”.
“Abbiamo, chi?!”
Già, perché… ammettiamolo, quando parliamo di gravidanza, parto e tutto quello che gira attorno ai nostri figli, usare il plurale ci esce spontaneo. D’obbligo, quasi.
Già, anche io ho dato il mio contributo!
Breve, forse. Efficace, sicuramente.
Tanto piacere, nessun dolore. “Amore, voglio dieci figli! Mi piace fare figli!”
Però, forse, dopo nausee, dolori, doglie, lacerazioni, punti… dire a tua moglie “dai, tutto sommato fare figli non è così male, pensavo peggio!” ti assicura come minimo un’occhiataccia (e forse non solo quella!).
Ho visto uomini all’uscita dalla sala parto affianco alla propria moglie distrutta dire “che mal di schiena!”. Ho sentito uomini dire “abbiamo fatto 12 ore di travaglio, è stata dura ma ce l’abbiamo fatta”.
Ecco, mariti e padri, quando parliamo di queste cose, cerchiamo di fare un regalo al genere femminile: usiamo il singolare, lasciamo perdere il plurale. Togliamoci di mezzo.
Perché – e ora divento serio – se ci pensiamo bene, questo è il più grande atto d’amore che una donna (la nostra, donna) fa alla vita (alla nostra, vita). Essere disposte a soffrire ogni cosa per consegnare al mondo un nuovo suo abitante, per donarci la gioia di essere papà.
Io amo infinitamente mia moglie, e da quando mi ha reso papà, la amo e stimo ancora di più.
C’è un immenso e sconfinato senso di gratitudine che scorre nelle mie vene ogni volta che vedo la cicatrice sulla pancia di mia moglie o che la sento lamentarsi della forma fisica da recuperare pienamente.
Ed ecco quindi che ho imparato.
Tu, hai avuto la gravidanza.
Tu, hai partorito.
Onore al merito.
Onore a te, meravigliosa donna e madre.
E ora, finalmente, dopo la tua abnegazione, la Nostra famiglia è ancora più meravigliosa.
Perché il frutto del tuo grembo, siamo Noi.
Giacobbe, il neo papà.
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